Quest’anno il Liceo delle Scienze Umane di Ravanusa, grazie all’iniziativa della nostra prof.ssa Giusy D’Anna, coadiuvata dalla prof.ssa Cettina Vitello, ha offerto, a noi ragazzi, l’opportunità di avviare un percorso educativo di sensibilizzazione, utilizzando il metodo della ricerca qualitativa, nell’incontro ravvicinato con diverse realtà presenti nella nostra società per abbattere il muro del pregiudizio che spesso ci separa da ciò che la mentalità collettiva definisce “diverso”, cioè una persona che presenta caratteristiche psicofisiche e condizioni sociali diverse dalle proprie.

Lo scopo della scuola di oggi è avviare una pedagogia inclusiva e per fare ciò dobbiamo abbattere l’idea di “anormalità” nel senso foucaultiano del termine. La differenza va colta in termini di molteplicità: io imparo da te tu impari da me. L’intento del progetto è diffondere questo messaggio: la diversità è ricchezza, crescita personale e collettiva. Rispettare e considerare le idee dell’altro, decostruire la nostra identità: questo è l’ingrediente che sta alla base della convivenza in una società multiculturale qual è la nostra.

Importante e significativa è stata l’esperienza diretta presso alcune strutture che accolgono persone che necessitano di particolari aiuti psicosociali. Tale esperienza ha permesso a noi alunni di cogliere meglio il contesto educativo, ma anche le figure professionali che vi operano all’interno, in modo da indirizzarci meglio sulla scelta del percorso di studio da intraprendere dopo il liceo, di riflettere su quello che vorremmo diventare in futuro, di scoprire le nostre inclinazioni naturali, di esternare il desiderio di voler intraprendere determinati percorsi educativi. Dopo la prima esperienza nella comunità Terra promessa di Caltanissetta, ci siamo diretti, il 4 marzo, presso le comunità Juvenilia e Nadir di Campobello Di Licata che accolgono minori stranieri non accompagnati e minori con procedure penali. Queste sono state per noi delle bellissime occasioni di crescita, siamo stati accolti con tanto entusiasmo ed affetto. C’era un po’ di imbarazzo generale tra noi ma siamo riusciti a comunicare e a capirci. La lezione che abbiamo appreso non è la teorica lezione svolta in classe, ma una vera storia umana, narrata da ragazzi che hanno rischiato la “traversata” della propria vita in mare per fuggire dalle guerre, dalla povertà e dalle violenze dei loro paesi. Il valore che vogliamo diffondere è l’UMANITÀ, che spesso viene perso di vista dall’indifferenza di un mondo sempre più attento a soddisfare e privilegiare il proprio Ego e molto lontano da chi ha bisogno di essere riconosciuto come “persona”, che al di là della propria identità religiosa, culturale e sociale, delle diverse abilità psicofisiche, delle conseguenze fisiche ma anche morali e sociali, derivanti da precedenti esperienze negative devianti, dev’essere accettata e valorizzata attraverso il dialogo e lo scambio culturale. Abbiamo potuto vedere e sentire ragazzi appartenenti a paesi poveri e in guerra, di diversa cultura, abbiamo ascoltato le loro storie e i loro viaggi infiniti per arrivare in Italia, ma la cosa che più ci ha colpiti è il sincero rapporto di amicizia che in quest’arco di tempo si è creato tra loro, il quotidiano vivere insieme, come una famiglia umanamente variopinta dai colori della solidarietà e del rispetto . Questa è la chiara dimostrazione che il colore della pelle, la religione, la cultura non sono sinonimi di differenza e distanza: si può essere più affini ad un ragazzo di un’altra cultura anziché della propria, allora cerchiamo di vedere con nitidezza il valore della diversità. Dimentichiamo ciò che ci differenzia e scopriamo ciò che ci rende simili.

Angelisa Morello